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Il carcinoma midollare della tiroide (CMT) è un raro tumore tiroideo che si sviluppa a partire dalle cellule parafollicolari, le cosiddette cellule C, un particolare tipo di cellule deputate alla produzione dell’ormone Calcitonina.

EPIDEMIOLOGIA
Si calcola il CMT rappresenti il 5%-10% di tutti i tumori maligni della tiroide, con una prevalenza globale di 1/14.300.
Ne esistono due forme, la forma familiare e la forma sporadica che rappresenta circa il 70-80% dei casi.
La forma familiare fa parte del quadro complessivo della “neoplasia endocrina multipla“, altrimenti detta MEN, per alterazione del gene RET, e si trasmette con modalità autosomica dominante. Non c’è differenza di sesso nell’incidenza della malattia.

ANATOMIA PATOLOGICA
C’è una certa differenza a seconda se si tratti di una forma sporadica o di una familiare.
La neoplasia sporadica, soprattutto in fase iniziale, si presenta come formazione unica, qualche volta con una pseudo-capsula, che interessa un solo lobo tiroideo. La dimensione può raggiungere alcuni centimetri di diametro. In fasi più avanzare possono essere presenti ulteriori masse che rappresentano metastasi intratiroidee e la massa tende a aspandersi al di la della capsula. Il colorito della massa tende al giallo-bruno o al grigio-bianco e all’interno possono essere presnti aree necrotiche o emorraggiche.
Se si è di fronte ad una forma familiare, generalmente la neoplasia è multicentrica, quindi sono presenti numerosi piccoli noduli sparsi nella tiroide, anche in questo caso con una pseudo-capsula.
Istologicamente non vi sono grosse differenze tra le due forme; si evincono nidi o cordoni o trabecole di cellule di aspetto poligonale o affusolato; i nuclei sono rotondi o ovali e sono visibili piccoli nucleoli. Tra i vari nidi vi è un stroma fibrovascolare in cui è presente, nel 90-95% dei casi, un deposito amiloideo provocato dalla secrezione e precipitazione di calcitonina (colorabile con rosso Congo).
La metastatizzazione avviene per lo più per via linfatica alle stazioni linfonodali cervicali, ma non sono rare le localizzazioni ossee, epatiche e polmonari.

EZIOLOGIA E PATGENESI
L’insorgenza della CMT familiare, nell’ambito della Neoplasia Endocrina Multipla (MEN), è associata ad una alterazione del proto-oncogene RET, localizzato sul cromosoma 10q11.2.
Il gene RET codifica per un recettore transmembrana con attività tirosinochinasica. L’alterazione del gene provoca l’attivazione persistente del recettore, la cui attività quindi diventa slegata dalla presenza della sostanza liganda specifica. Il risultato è la crescita cellulare sregolata, la cancerogenesi e l’insorgenza della neoplasia.
Nelle forme familiari la mutazione del gene RET è germinale, cioè interessa le cellule riproduttive, ovuli e spermatozoi, ed è trasmessa ai figli con una probabilità del 50%; è implicata, come già detto, nel quadro più complesso della “neoplasia endocrina multipla”, la MEN.
La patogenesi delle forme sporadiche invece è da addebitare ad una mutazione del gene RET in una cellula somatica da cui poi origina il tumore.

QUADRO CLINICO
Soprattutto nella forma sporadica, insorge come una tumefazione dura non dolente in regione tiroidea , spesso associata ad adenopatia.
A causa della frequentissima secrezione inappropriata di sostanze ad azione ormonale o vasoattive (ACTH, polipeptide intestinale vasoattivo, prostaglandine, callicreine, serotonina), spesso è presente una sintomatologia generale imponente.

DIAGNOSI
Nella forma sporadica gli esami di diagnostica per immagini, ecografia TC ed RMN, permettono di evidenziare la neoplasia, ma non la caratterizzazione; alla scintigrafia tiroidea si riscontra un nodulo”freddo”.
Il laboratorio però è dirimente e dimostra un elevato livello sierico di calcitonina. Utile anche un test di provocazione della secrezione di calcitonina con calcio o pentagastrina.
Nel caso della forma familiare è possibile ricercare la mutazione del proto-oncogene Ret sul cromosoma10.

TERAPIA
Il trattamento del CMT è essenzialmente chirurgico, quindi tiroidectomia totale con linfoadenectomia cervicale, sia laterale che centrale; in caso di neoplasia localmente invasiva è richiesto un intervento chirurgico maggiormente demolitivo.
E naturalmente essenziale escludere che ci si trovi di fronte ad un caso di MEN.
La prognosi dipende dall’entità dell’invasione locale e dalle metastasi, ma in caso di intervento chirurgico “risolutivo”, il tasso di sopravvivenza a dieci anni è superiore all”80%.
Meno buona è stata “fino ad ora” la prognosi per le forme non operabili o metastatiche, in quanto la chemioterapia tradizionale si è dimostrata poco efficace.
E’ notizia risalente a pochi giorni prima della stesura di questa pagina che il Comitato Europeo ha autorizzato la commercializzazione in Europa del farmaco Vandetanib, un inibitore della tirosin-chinasi che ha dimostrato di poter ridurre del 54 per cento il rischio di progressione della malattia rispetto al placebo.
Il Vandetanib agirebbe con doppio meccanismo, da una parte inibendo il fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF) con conseguente blocco della vascolarizzazione del tumore e quindi della sua irrorazione sanguigna, dall’altra bloccando i recettori del fattore di crescita epidermico (EGFR) e quindi riducendo la velocità di replicazione delle cellule tumorali dipendente dal gene RET.
La prognosi del CMT, per lo meno fino ad oggi e con le terapie tradizionali, dipende soprattutto dallo stadio della malattia e dall’estensione dell’intervento chirurgico iniziale con un tasso di sopravvivenza a dieci anni superiore all’80%.


RISORSE

SCHEDA TECNICA DEL VANDETANIB ==> vandetanib-caprelsa (fonte: Agenzia Europea del Farmaco – EMA – 03/03/2012)

VANDETANIB SU PUBMED ==> DA QUI

VANDETANIB E CMT SU PUBMED ==> DA QUI

CMT SU PUBMED ==> DA QUI



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