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E’ considerato infortunio sul lavoro un evento occorso al lavoratore per causa violenta in occasione di lavoro.

Viene definita violenta una causa che agisce con un’azione rapida, concentrata in un breve lasso di tempo, esterna all’organismo, di tale entità da vincere la resistenza dell’organismo.

Gli elementi che caratterizzano il concetto di causa violenta sono dunque diversi e meritano ciascuna delle precisazioni.

AZIONE RAPIDA

La causa deve agire con una modalità concentrata nel tempo. Se ciò è di immediata identificazione nel caso dei traumi, in cui generalmente la causa agisce in modo più o meno istantaneo, non altrettanto lo è in altri casi. Infatti convenzionalmente viene considerato infortunio anche quello in cui la causa ha agito per un intero turno di lavoro. L’esempio tipico è quello del soggetto che inala gas tossici o irritanti durante un intero turno di lavoro o quello del lavoratore che ha un utilizzo intensivo di una forbice per lamierino durante un turno lavorativo. Per ciò che riguarda le malattie infettive contratte in occasione di lavoro, la rapidità dell’azione viene riconosciuta nel breve tempo necessario all’elemento patogeno per entrare nell’organismo del lavoratore. Confrontare Corte di Cassazione, sentenza n. 239/2003

CAUSA ESTERNA ALL’ORGANISMO

Il fattore lesivo non necessariamente deve essere traumatico, ma può essere un qualunque elemento, fisico, chimico, biologico o psichico. Da questo punto di vista non esistono limitazioni.

Cause esterne tipiche sono:

  • energia meccanica,
  • energia elettrica o elettromagnetica,
  • sostanza volatile tossica o asfissiante,
  • sostanza liquida tossica o caustica,
  • microrganismo (virus, batterio, etc.),
  • energia termica,
  • basse temperature,
  • stress acuto (ad es. una rapina)
  • sforzo eccessivo ( inteso come espletamento di uno forza muscolare eccessiva rispetto a quella usualmente necessaria per svolgere le mansioni lavorative e comunque eccessiva rispetto alle condizioni fisiche del lavoratore)

In sostanza la causa non deve comunque essere un elemento insito nell’organismo del lavoratore.

Occorre però considerare anche lo stato anteriore del soggetto che può essere tale da provocare un indebolimento di organo o funzione, rendendo il lavoratore maggiormente suscettibile all’elemento causativo dell’infortunio sul lavoro. Si concretizza in questo caso il concetto di causa e di concausa preesistente della lesione.

La causa in questo caso, pur essendo tale da non poter provocare in un organismo sano alcuna lesione, assume un ruolo efficiente e determinante senza il quale la lesione non sarebbe avvenuta. In questo caso viene riconosciuto la sussistenza dei criteri per il riconoscimento dell’infortunio sul lavoro.

 
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3 commenti su “INAIL – infortunio sul lavoro: causa violenta”

  1. Il 4 marzo 2014 mentre svolgevo le mie mansioni al lavoro, nello scivolare da un gradino di 40 cm col piede d’appoggio, cadevo sullo stesso piede d’appoggio, mi sbilanciavo in avanti, e in quel momento subivo la rottura del tendine d’achille, con ricovero in ospedale e operazione. Dimesso con 2 mesi di gesso + terapie, ieri venivo sottoposto a visita inail. Il risultato di questa visita portava al non riconoscimento dell’infortunio perchè non esiste la “causa violenta” e che per che riguardava il medico e il dirigente inail che stavano esaminando la mia pratica io “il tendine avrei anche potuto tagliarmelo da solo in quando è di difficile rottura”. Allibito da tutto ciò chiedevo documentazione scritta di quanto mi veniva riferito. La risposta è stata di non preoccuparmi che mi sarebbe arrivato tutto a casa. Inoltre la mia pratica veniva passata sotto copertura inps. Ora, mi sono rivolto a un patronato con l’intenzione di oppormi a tale decisione. Il patronato mi dice di attendere documentazione, dopodichè provvederà al da farsi. Ora chiedo: qual’ora anche l’opposizione del patronato venisse rigettato ho interesse a proseguire con lo stesso per vie legali o alla fine avrei solo da rimetterci economicamente e psicologicamente. Il motivo di questa mia richiesta sta in questo questo: qualora io non dovessi recuperare fisicamente la mia integrità, chi è che risponde ? grazie

    1. Salvatore Nicolosi

      Una cosa un pò complicata ma non inusuale:
      1) è vero, bisogna attendere la comunicazione dell’INAIL, anche perchè … non si sa mai, potrebbero valutare in modo diverso rispetto a a quanto detto a voce;
      2) è vero che il tendine di achille si rompe con difficoltà, ma si rompe; è anche vero che a volte esiste una condizione predisponente personale, ma questo non esclude la “causa violenta”, e questo il medico del patronato che la sta seguendo lo sa benissimo (art. 41 CP);
      3) circa l’opportumità di proseguire eventualmente con il ricorso giudiziario, non posso dare una risposta corretta, perchè in sostanza l’indennizzo dipende anche dai danni residuati all’intervento chirurgico, e questo può essere valutato solo con opportuna visita medico-legale, ma anche in questo caso sono certo che il medico del patronato a cui si è rivolto potrà consigliarla;
      4) oltre l’INAIL non ne risponde nessuno, a meno che possa essere dimostrato che lei è caduto a causa di un “problema” di sicurezza non tempestivamente risolto dalla sua azienda, e in questo caso ne risponde civilmente il suo datore di lavoro; ma questo è un discorso complesso perchè servono le prove e sicuramente mette a rischio il suo posto di lavoro.

      Saluti.
      Dott. Salvatore Nicolosi

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