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Gli individui minori d’età sono considerati dal diritto soggetti meritevoli di tutela e perciò destinatari di norme di protezione; coloro che prioritariamente devono assolvere al compito di protezione e di promozione del benessere dei minori sono i genitori, ma in alcune situazioni essi non sono in grado, per i più svariati motivi, di assicurare questa funzione.

Il nostro ordinamento giuridico prevede perciò una serie di norme che investono la pubblica amministrazione e l’autorità giudiziaria dell’obbligo di intervenire nel caso in cui il minore necessiti di una particolare tutela; gli adulti della comunità possono (e alcuni di loro devono) essere “sentinelle” del malessere dei bambini, svolgendo un ruolo di rilevazione, di comunicazione e di attivazione delle istituzioni preposte a prendersene cura.

La protezione potrà assumere i caratteri della tutela civilistica (con provvedimenti adottati dal Tribunale per i Minorenni), quando si debba intervenire in situazioni in cui si manifesta un’incapacità genitoriale, con conseguente esposizione del minore al rischio di pregiudizio, oppure assumerà i caratteri della tutela penale, quando il minore appaia come possibile vittima di un reato.

La legge 4.5.83 n° 184Disciplina dell’adozione e dell’affidamento”, precisa che qualsiasi situazione di abbandono e pregiudizio, in cui un bambino si trovi, debba essere segnalata all’Autorità Giudiziaria da parte di chi, essendo un pubblico Ufficiale o incaricato di pubblico servizio, ne venga a conoscenza, pena le sanzioni previste dal Codice riguardanti l’omissione di soccorso.

Pertanto la segnalazione va inoltrata nei casi di abbandono, pregiudizio o di un pericolo serio di pregiudizio, quando non sia possibile avviare o proseguire interventi di protezione e sostegno per la manifesta contrarietà dei genitori, o in caso di un loro atteggiamento di adesione solo formale che, di fatto, mascheri una sostanziale resistenza ad ogni intervento.

La segnalazione, che deve contenere con chiarezza tutte le informazioni di cui si dispone, va inviata alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni.

Se invece ci si trovasse di fronte a situazioni in cui si ipotizza la commissione di uno o più reati, si deve procedere alla trasmissione di una denuncia all’indirizzo della Procura presso il Tribunale ordinario (a quella minorile solo se il sospetto autore di reato risultasse minorenne).

L’allarme quindi può essere dato da chiunque: il vicino di casa, il volontario, l’insegnante, la mamma del compagno di classe, l’istruttore sportivo, ecc.

Per alcuni di loro, segnalare e/o denunciare è una facoltà, per altri si configura come un vero e proprio obbligo.

Infatti l’articolo 331 del Codice di Procedura Penale stabilisce che i pubblici ufficiali o coloro che sono incaricati di pubblico servizio, che vengano a conoscenza dell’ipotesi di un reato perseguibile d’ufficio, hanno l’obbligo di denuncia “per iscritto e senza ritardo” (anche quando non sia noto l’autore del reato).

Il legislatore ritiene che il pubblico ufficiale e l’incaricato di un pubblico servizio si trovino in una posizione giuridica privilegiata in quanto esercitano un’attività con finalità pubblica di contrasto dei comportamenti devianti, di repressione dei reati, di protezione delle persone deboli, come i minori.

La denuncia deve contenere l’esposizione chiara dei fatti conosciuti; nessuna attività di indagine o di approfondimento deve essere compiuta dagli operatori prima di effettuare la denuncia, essendo tale compito rimesso esclusivamente all’autorità giudiziaria. Infatti timori e perplessità talora possono indurre gli operatori psico-socio-educativi a decidere da soli di valutare se le notizie sono fondate.

Questo è assolutamente da evitare, anche perché i ritardi possono portare ad ulteriori danni per il bambino, oltre che essere legalmente sanzionati.

I reati procedibili d’ufficio sono quei reati che, per il loro carattere di estrema gravità e offensività, lo Stato considera perseguibili anche a prescindere dalla volontà delle persone offese.

Dopo le modifiche introdotte al codice penale dalla legge 15.2.96 n°66, “Norme contro la violenza sessuale”, sono procedibili d’ufficio i più significativi reati sessuali a danno di minori:

  • Atti sessuali (anche senza violenza o minaccia) con bambino/a che al momento del fatto non ha compiuto 14 anni, da chiunque commessi;

  • Atti sessuali (anche senza violenza o minaccia) con minore che al momento del fatto non abbia compiuto 16 anni, commessi da persone cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia è affidato il minore;

  • Atti sessuali (anche senza violenza o minaccia) con minore che al momento del fatto non abbia compiuto 18 anni, commessi da persona ascendente, genitore, convivente, tutore ;

  • Violenze sessuali, da chiunque commesse, quando a essere costretta a compiere o subire atti sessuali ( con violenza o minaccia o abuso di autorità) sia una persona che al momento del fatto non ha compiuto 18 anni;

  • Corruzione di minorenne, con cui si intende il fatto di chi compie atti sessuali in presenza di persona minore degli anni 14, al fine di farla assistere.

Una delle più importanti innovazioni apportate dalla nuova normativa è costituita dal concetto di “atto sessuale”, che ricomprende anche gli atti di libidine.

Infatti per “atto sessuale” si intende ogni condotta che si concretizza nella manifestazione esteriore dell’istinto sessuale, compresi quegli atti indirizzati verso zone erogene e che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità del soggetto.

In ambito familiare sono inoltre procedibili d’ufficio il reato di maltrattamenti in famiglia e l’abuso di mezzi di correzione. Sono procedibili d’ufficio, non solo in ambito familiare, il reato di lesioni, se dal fatto derivi una malattia nel corpo o nella mente di durata superiore a venti giorni, ed il reato di violenza privata.

Pertanto, in presenza di situazioni per le quali il nostro ordinamento giuridico prevede l’obbligo di segnalazione o denuncia in capo ai pubblici ufficiali o agli incaricati di un pubblico servizio, l’assistente sociale, il medico, lo psicologo dei servizi pubblici o l’insegnante che di quelle situazioni abbia avuto notizia è tenuto a informarne l’autorità giudiziaria; in caso di ritardo od omissione si renderebbe responsabile dei reati di omissione di denuncia (artt. 361 e 362 c.p.), oppure di rifiuto e/o omissione d’atti d’ufficio (art.328 c.p.), perseguibili penalmente.

Tale obbligo nel concreto apre agli operatori diversi livelli di problemi: come fare la segnalazione e in quali tempi? Ed in ultimo, tra i diversi operatori e servizi a conoscenza del caso, a chi tocca farlo?

Là dove sussiste una buona rete di collaborazione tra servizi è estremamente importante arrivare a condividere almeno la raccolta di elementi ed informazioni, nonché le riflessioni sui modi in cui attivare il procedimento.

La segnalazione deve contenere il maggior numero possibile di informazioni oggettive che inquadrino il racconto di un bambino, o il riscontro di una situazione di possibile pregiudizio per lo stesso.

La ricchezza e chiarezza delle informazioni contenute nella segnalazione favorirà il delicato lavoro di chi dovrà avviare indagini mirate a confermare o meno il sospetto che il bambino sia vittima di gravi maltrattamenti o abusi sessuali.

Quando la strada della collaborazione tra servizi appare per ragioni diverse preclusa, bisogna ovviamente procedere da soli.

Dott.ssa Maria Angela Valenti (Assistente Sociale)



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