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Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza n.15312/2001

(Presidente: G. Sciarelli; Relatore: S. Toffoli)

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

SENTENZA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Pretore di Milano, P. A., premesso che il 9 dicembre 1996, alle ore 6,15 circa, egli era rimasto coinvolto in un incidente stradale mentre, alla guida della propria autovettura, stava facendo ritorno alla propria abitazione in Legnano, dopo aver terminato un turno di lavoro notturno presso l’azienda tessile di cui era dipendente, sia in San Giorgio su Legnano, e precisato che il ricorso al mezzo di trasporto privato era giustificato dall’assenza di congrui mezzi pubblici, chiedeva, nei confronti dell’INAIL, che detto infortunio fosse dichiarato indennizzabile quale infortunio sul lavoro.

Il giudice adito rigettava la domanda, che era rigettata anche in appello dal Tribunale di Milano.

Questo giudice, in punto di fatto, accertava che l’incidente era avvenuto a causa del mancato rispetto di un segnale di stop da parte dello stesso lavoratore, e perciò a causa di una grave colpa del medesimo, consistente nella violazione del codice della strada e delle regole di comune prudenza.

Escludeva l’ipotesi del colpo di sonno, qualificata come di comodo e dell’ultima ora.

In punto di diritto, riteneva che la colpa esclusiva del dipendente, così come determinata la non indennizzabilità da parte dell’INAIL dell’infortunio sul luogo di lavoro, analogamente esclude l’indennizzabilità dell’infortunio in itinere, in quanto alle due situazioni si applicano gli stessi principi e la seconda non può essere trattata più favorevolmente della prima.

Contro questa sentenza ricorre per Cassazione l’Aiello sulla base di un unico motivo.

L’INAIL resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente, deduce violazione degli artt. 2 e 4 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 e vizio di motivazione, lamentando l’erroneità del principio di diritto posto dal giudice di merito alla base della sua decisione, dovendosi in realtà ritenere che la colpa del dipendente non esclude l’indennizzabilità dell’infortunio del lavoro, tanto se esso si verifichi sul luogo di lavoro, quanto se lo stesso rilevi quale infortunio in itinere.

È solo il rischio c.d. elettivo, cioè quello creato volontariamente dal lavoratore senza alcun rapporto con lo svolgimento del lavoro, che porta l’infortunio al di fuori dell’operatività dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, ma tale ipotesi non è certo ricollegabile alla sola violazione di una norma sulla circolazione stradale.

Del resto era certo che nella specie si era trattato di un comportamento colposo, peraltro messo in atto, se non per un colpo di sonno, presumibilmente per distrazione in una situazione di particolare stress, data l’ora e la precedente prestazione lavorativa in un turno di notte.

Il ricorso è fondato.

L’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro fa riferimento, ai fini della delimitazione del suo ambito di operatività, alla nozione di occasione di lavoro (art. 2 del testo unico del 1965) e quindi, diversamente da quanto opinato dal giudice a quo, non considera ragione ostativa della sua operatività la colpa ancorchè esclusiva, del lavoratore, le particolarità della cui condotta valgono ad interrompere il nesso causale tra il contesto lavorativo e l’infortunio solo nelle ipotesi eccezionali del rischio c.d. elettivo.

Quest’ultimo è configurabile in presenza di un comportamento del lavoratore, abnorme rispetto al contesto lavorativo e integrato da una scelta puramente volontaria e arbitraria del medesimo, diretta a soddisfare impulsi personali e tale da condurre ad affrontare rischi diversi da quelli inerenti alle normale attività, con conseguente perdita da parte dell’evento di ogni aspetto di professionalità (cfr. Cass. 27 maggio 1986, n. 3576; Id., 30 gennaio 1988, n. 847; Id., 9 novembre 1995, n. 11683; Id., 6 marzo 1996, n. 1750; Id., 18 novembre 1998, n. 11635; Id., 16 dicembre 1999, n. 14157; cfr. anche Cons. Stato, Sez. II, 29 gennaio 1997, n. 853/96).

Naturalmente anche rispetto agli infortuni itinere può porsi la problematica del rischio elettivo, anche se sotto taluni aspetti le relative questioni sono già prese in considerazione ai fini della delimitazione dei casi di indennizzabilità degli infortuni stessi: si pensi, in particolare, all’esclusione dell’operatività dell’assicurazione in caso di adozione di un percorso diverso da quello normale, oltre che in caso di sussistenza dei presupposti del ricorso al veicolo privato (questioni ora regolamentate dall’art. 2 e 210 del testo unico del 1965).

Un’ipotesi evidente di rischio elettivo potrebbe essere quella dei lavoratori che colgano l’occasione del percorso abitazione- posto di lavoro per effettuare una gara di velocità, ed altri casi potrebbero essere quelli, ora espressamente disciplinati dall’art. 12, della guida senza la prescritta abilitazione di guida o degli incidenti causati dall’abuso di alcolici e dall’uso di stupefacenti.

Ma non vi è alcuna ragione per escludere l’operatività, anche in relazione agli infortuni in itinere, i quali siano provvisti sotto gli altri profili dei requisiti dell’indennizzabilità, del principio della idoneità in se della colpa del lavoratore, ancorchè esclusiva, ai fini della elisione del collegamento tra attività lavorativa e infortunio.

In particolare è opportuno ricordare che il ricorso da parte del lavoratore al mezzo di trasporto privato, al fine di effettuare lo spostamento abitazione- posto di lavoro e viceversa, per la mancanza o l’inidoneità del trasporto pubblico, ha rappresentato una delle prime ipotesi in cui è stato ritenuto indennizzabile l’infortunio in itinere, in considerazione, quanto meno implicita, della specifica, particolare pericolosità di tale modalità di trasporto, ricollegabile sia alla natura dei veicoli e alla pericolosità intrinseca della circolazione stradale, sia anche alla circostanza della guida del veicolo da parte di soggetto privo al riguardo una qualificazione professionale e suscettibile di trovarsi in condizioni soggettive non ottimali, anche per la stanchezza e le preoccupazioni causate dallo svolgimento di una diversa attività lavorativa (cfr., ex plurimus, Cass. 9 marzo 1982, n. 1487; Id., 26 ottobre 1982, n. 5600; Id., 25 marzo 1986, n. 2128; Id., 30 luglio 1987, n. 6625; Id., 4 novembre 1994, n. 9099; Id., 11 aprile 1998, n. 3742; Id., 7 giugno 1999, n. 5580; Id., 28 settembre 2000, n. 12981), senza che, come è noto, tali negative qualità e condizioni soggettive possano di norma costituire ragione sufficiente per escludere la qualificabilità nell’ambito dei comportamenti colposi delle conseguenti condotte di guida caratterizzate da imperizia, imprudenza, negligenza o inadeguata osservanza delle regole della circolazione stradale.

D’altronde è proprio in ragione di una specifica rischiosità dell’impiego del mezzo privato che anche la recente riforma, ai fini assicurativi, ne ha consentito l’utilizzo solo se necessitato.

Appare quindi evidente l’errore di diritto da cui è viziata la sentenza impugnata, nella quale si è ritenuta la colpa esclusiva del lavoratore causa di non operatività dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, sia in genere, sia nel caso specifico dell’infortunio in itinere.

Stante l’accertamento in sede di merito della riconducibilità nella specie della colpa del lavoratore alla violazione di una specifica prescrizione delle regole sulla circolazione stradale, deve essere precisato che neanche tale caratterizzazione del fatto è idonea, di per se, a giustificare la decisione adottata dal giudice di merito, sotto il profilo della configurabilità del rischio elettivo e della relativa esclusione dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro; non può procedersi dunque alla conferma in questa sede della sentenza impugnata, previa correzione della sua motivazione.

Deve rilevarsi, infatti, che, non solo, come è noto, nella realtà concreta anche violazioni apparentemente plateali alle regole della circolazione trovano spesso la loro causa in distrazioni, difetti di valutazione, errori tecnici di guida, necessità di uscire da situazioni anomale causate da motivi vari, ecc., si da venire chiaramente esclusa l’ipotesi della scelta volontaria del lavoratore, ma anche che, generalmente, la stessa consapevole violazione delle prescrizioni si basa sulla convinzione della superfluità nelle circostanze concrete del rispetto della regola ai fini della sicurezza della circolazione, sicchè anche sotto tale profilo, ferma restando la colpa del lavoratore, può venire escluso il rischio elettivo, salvi i casi di scelte consapevoli comunque abnormi.

Tali puntualizzazioni rendono evidente che il giudizio circa la configurabilità del rischio elettivo, particolarmente in relazione agli infortuni in itinere, può essere strettamente connesso con accertamenti di fatto, con la conseguenza della inerenza al .giudizio di merito delle relative valutazioni, salvo naturalmente il controllo in sede di legittimità del rispetto dei principi di diritto e della adeguatezza della motivazione.

La violazione degli esposti principi da parte della sentenza impugnata ne comporta la cassazione con rinvio ad altro giudice, che si atterrà al seguente principio di diritto: la colpa esclusiva del lavoratore non osta all’operatività dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, salvo, anche in ipotesi di infortunio in itinere, il limite del rischio elettivo, inteso quale scelta di un comportamento abnorme, volontario e arbitrario da parte del lavoratore, tale da condurlo ad affrontare rischi diversi da quelli inerenti alla normale attività, secondo l’apprezzamento del fatto al riguardo compiuto dal giudice di merito.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la spese di questo giudizio di cassazione alla Corte d’Appello di Brescia.

Roma, 21 settembre 2001.

Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2001.



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