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SECONDA PARTE (DM 05/02/1992)

Indicazioni per la valutazione dei deficit funzionali

APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO

Le insufficienze cardiache sono state valutate facendo riferimento alla classificazione funzionale definita dalla New York Heart Association nel 1964, secondo la quale si distinguono in quattro classi di deficit:

I CLASSE – la persona è portatrice di una malattia cardiaca che non influisce sulla sua attività fisica ordinaria.

II CLASSE – la malattia determina una lieve limitazione della attività fisica ordinaria ed il soggetto può svolgere una attività fisica di lieve entità.

III CLASSE – la malattia determina una marcata limitazione di ogni attività fisica ed il soggetto può svolgere solo una attività fisica sedentaria.

IV CLASSE – il soggetto può presentare anche a riposo affaticamento, dispnea, palpitazioni, cianosi e dolore di tipo anginoso.

APPARATO RESPIRATORIO

INSUFFICIENZA RESPIRATORIA LIEVE: Dispnea che compare sotto sforzi che ogni altro soggetto della stessa età e corporatura riesce a compiere; test di funzionalità respiratoria: – CV/VEMS% min. 85 magg. 75% – Consumo di O2 (ml. O2 x Kg. min.) min. 25 magg. 22 – Compl. cardiache assenti

MEDIA: la dispnea compare spesso con sforzi di media entità; test di funzionalità respiratoria: – CV/VEMS% min. 65 magg. 55% – Consumo di O2 (ml. O2 x Kg. min.) min. 20 magg. 18 – Compl. cardiache assenti

GRAVE: la dispnea compare dopo sforzi di lieve entità; test di funzionalità respiratoria: – CV/VEMS% min. 45 magg. 40% – Consumo di O2 (ml. O2 x Kg. min.) 15 – Compl. cardiache presenti

La dispnea a riposo non è stata presa in considerazione in quanto si tratta di condizione gravissima, tale da comportare l’impossibilità di compiere gli atti quotidiani della vita.

APPARATO DIGERENTE

Si sono identificati quattro livelli di compromissione funzionale, corrispondenti ad altrettante classi, identificabili come di seguito indicato. Per la valutazione delle inabilità derivanti da condizioni morbose complesse, non sempre espressione di una patologia strettamente di apparato o sistema, si fa riferimento alla compromissione dello stato generale, oltre che alla compromissione funzionale.

I CLASSE – la malattia determina alterazioni lievi della funzione tali da provocare disturbi dolorosi saltuari, trattamento medicamentoso non continuativo e stabilizzazione del peso corporeo convenzionale (rilevato dalle tabelle facenti riferimento al sesso ed alla statura) su valori ottimali. In caso di trattamento chirurgico non debbono essere residuati disturbi funzionali o disordini del transito.

II CLASSE – la malattia determina alterazioni funzionali causa di disturbi dolorosi non continui, trattamento medicamentoso non continuativo, perdita del peso sino al 10% del valore convenzionale, saltuari disordini del transito intestinale.

III CLASSE – si ha alterazione grave della funzione digestiva, con disturbi dolorosi molto frequenti, trattamento medicamentoso continuato e dieta costante; perdita del peso tra il 10 ed il 20% del valore convenzionale, eventuale anemia e presenza di apprezzabili disordini del transito. Apprezzabili le ripercussioni socio-lavorative.

IV CLASSE – alterazioni gravissime della funzione digestiva, con disturbi dolorosi e trattamento medicamentoso continuativo ma non completamente efficace, perdita di peso superiore al 20% del convenzionale, anemia, gravi e costanti disordini del transito intestinale. Significative le limitazioni in ambito socio-lavorativo.

APPARATO URINARIO

Insufficienza renale lieve (clearance creatinina inf. 80 ml sup. 40 ml/m);

insufficienza renale media (clearance creatinina inf. 40 ml sup. 20 ml/m); insufficienza renale grave (clearance creatinina inf. 20 ml/m);

insufficienza renale gravissima (clearance creatinina inf. 20 ml/m associata a complicanze metaboliche e pressorie)

APPARATO ENDOCRINO

CLASSE I – DIABETE MELLITO TIPO 2° (non insulino dipendente) con buon controllo metabolico (tasso glicemico a digiuno mg 150/dL e tasso glicemico dopo pasto mg 180-200/dL)

CLASSE II – DIABETE MELLITO TIPO 1°(insulino-dipendente) con buon controllo metabolico (tasso glicemico a digiuno mg 150/dL e tasso glicemico dopo pasto mg 180-200 dL)

Diabete mellito tipo 1° e 2° con iniziali manifestazioni micro e macroangiopatiche rilevabili solo con esami strumentali.

CLASSE III – DIABETE MELLITO INSULINO-DIPENDENTE con mediocre controllo metabolico (tasso glicemico a digiuno mg 150 dL e tasso glicemico dopo pasto mg 180-200 dL) con iperlipidemia o con crisi ipoglicemiche frequenti (nonostante una terapia corretta ed una buona osservanza da parte del paziente).

DIABETE MELLITO TIPO 1° e 2° con complicanze micro e/o macroangiopatiche con sintomatologia clinica di medio grado es. retinopatia non proliferante e senza maculopatia, presenza di microalbuminuria patologica con creatininemia ed azotemia normali, arteriopatia ostruttiva senza gravi dolori ischemici ecc.).

CLASSE IV DIABETE MELLITO COMPLICATO DA

a) nefropatia con insufficienza renale cronica e/o
b) retinopatia proliferante, maculopatia, emorragie vitreali e/o
c) arteriopatia ostruttiva con grave “claudicatio” o amputazione di un arto

INDICE DI MASSA CORPOREA è espresso dalla formula IMC =p h2

dove “p” = peso espresso in Kg. ed “h” = altezza espressa in metri.

APPARATO LOCOMOTORE

Per quanto attiene agli arti superiori, i danni stimati in Tabella si riferiscono all’arto dominante. Qualora il danno riguardi l’arto non dominante, il valore fisso indicato, dovrà essere diminuito nella misura da uno fino a cinque punti percentuali.

APPARATI NERVOSO E PSICHICO

– Deficit di forza (da malattie piramidali, dei nervi periferici, malattie muscolari)

a) deficit di forza LIEVE: vince la forza di gravità;

cammina senza appoggio; presenta riduzione di forza contro resistenza; movimenti fini delle dita conservati con modesta riduzione funzionale;

b) deficit di forza MEDIO: vince la forza di gravità;

cammina solo con appoggio; non vince una resistenza al movimento; movimenti delle dita conservati ma con notevole riduzione funzionale tale da non riuscire ad eseguire i movimenti di precisione;

c) deficit di forza GRAVE: non vince la forza di gravità;

i movimenti delle dita sono impossibili. La stessa valutazione va eseguita per i deficit di forza presenti nei casi di emiparesi, con riferimento particolare all’arto superiore, nei casi di paraparesi e di paresi di un solo arto inferiore e nei casi di tetraparesi con riferimento a tutti e quattro gli arti.

– Deficit cerebrale LIEVE: tremore intenzionale che consente la prensione, atassia del tronco e degli arti compatibile con la deambulazione senza appoggio; MEDIO: tremore intenzionale che consente la funzione solo con difficoltà, atassia del tronco e degli arti ancora compatibile con deambulazione senza appoggio ma con occasionali cadute; GRAVE: tremore intenzionale che non consente la prensione, atassia del tronco e degli arti incompatibile con la deambulazione.

– Deficit extrapiramidale LIEVE: buon compenso con terapia regolare; MEDIO: compenso parziale sotto terapia regolare; tremore posturale che interferisce con la prensione; ipertono extrapiramidale e/o bradicinesia che interferiscono col movimento e con la deambulazione; movimenti involontari che interferiscono con la prensione e la deambulazione; GRAVE: grave scompenso sotto terapia regolare; tremore posturale; ipertono extrapiramidale; bradicinesia; movimenti involontari che impediscono una normale attività;

– DISTURBI SENSITIVI: se isolati, hanno rilevanza purché interessino in particolare porzioni distali, limitino le attività quotidiane, interferiscano con il movimento e siano verificati mediante esami neuroradiologici e/o neurofisiopatologici.

– Deficit delle funzioni cognitive:

a) disturbo del linguaggio

LIEVE: la produzione orale e/o scritta veicola una quantità ridotta di informazioni per la presenza di disturbi grammaticali o di frequenti anormie, per la produzione di un numero elevato di parole non adeguate al contesto comunicativo sul piano del significato, o per la produzione di frequenti distorsioni fonetiche o neologismi; la comunicazione gestuale è conservata; la comprensione di frasi nelle modalità orale e/o scritta è compromessa; la comprensione di parole isolate è normale o solo lievemente compromessa;

MEDIO: la comunicazione linguistica è notevolmente ridotta ma ancora possibile attraverso la produzione di linguaggio, orale o scritto, frammentario o attraverso una quantità sufficiente di parole adeguate al contesto comunicativo nell’ambito di un linguaggio fluente ma contenente numerosi termini generici o incomprensibili (neologismi); sono presenti difficoltà nella comunicazione gestuale; la comprensione di parole o di frasi nelle modalità orale e/o scritta è compromessa;

GRAVE: la comunicazione linguistica consiste in parole o brevi frasi stereotipate o in frasi che contengono solo pochi termini adeguata al contesto comunicativo o in sequenza di termini incompatibili (neologismi); la comprensione di parole e di frasi è gravemente compromessa o è sostanzialmente abolita.

b) disturbo di analisi visivo-spaziale

LIEVE: il paziente dimostra una tendenza a trascurare parte del corpo e dello spazio controlaterale al lato della lesione;

GRAVE: il paziente trascura pressoché sistematicamente parte del corpo e dello spazio controlaterale al lato della lesione.

c) deficit di memoria

LIEVE: presenza di deficit della memoria di fissazione che interferisce solo occasionalmente con le attività della vita quotidiana;

MEDIO: deficit marcato della memoria di fissazione, che interferisce molto frequentemente con le attività della vita quotidiana;

GRAVE: deficit grave della memoria di fissazione e della memoria autobiografica, presenza di disorientamento spazio temporale. Il deficit di memoria, per essere considerato, deve essere collegato ad un danno organico cerebrale dimostrabile mediante esami neuropsicologici, neuroradiologici e/o neurofisiopatologici.

d) disturbi del comportamento

LIEVI: riduzione incostante dell’iniziativa psicomotoria e comunicativa, e/o modico aumento dell’irritabilità, e/o occasionali accessi di comportamento violento non interpretabili come reazioni a stimoli ambientali; disturbi che non interferiscono in misura significativa con la possibilità di una vita di relazione sostanzialmente normale;

MEDI: frequente riduzione dell’iniziativa psicomotoria e comunicativa, e/o aumento significativo dell’irritabilità, e/o frequenti accessi di comportamento violento non interpretabili come reazioni a stimoli ambientali; disturbi che interferiscono in misura significativa con la possibilità di una vita di relazione normale; GRAVI: riduzione stabile dell’iniziativa psicomotoria e comunicativa; sistematica instabilità del tono dell’umore; frequenti accessi di comportamento violento non interpretabili come reazioni a stimoli ambientali, grave interferenza con la normale vita di relazione. Tutti i disturbi del comportamento, per essere considerati, debbono essere associati ad un danno organico cerebrale dimostrabile mediante esami neuroradiologici e/o neurofisiopatologici e/o neuropsicologici.

e) deficit delle funzioni intellettive: deterioramento o insufficienza intellettiva

LIEVE: deficit di memoria lieve associato ad almeno due dei seguenti segni: disorientamento temporale; afasia lieve; disturbi del comportamento lievi insorti approssimativamente insieme ad altri segni;

MEDIA: deficit grave di memoria, disorientamente temporale, afasia lieve e media, autosufficienza nelle necessità personali della vita quotidiana;

GRAVE: deficit grave di memoria, disorientamento temporale e spaziale, afasia media e grave, disturbi del comportamento, dipendenza da altri per le necessità personali della vita quotidiana, disturbi sfinterici.

f) deficit della funzione psichica

LIEVE: QI accertato mediante test di W.A.I.S. tra 60 e 70%; disturbi emotivi apprezzabili a seguito di stress psichici; capacità al lavoro proficuo conservata, senza necessità di supervisione; capacità di affrontare i problemi economici ed assistenziali della vita di tutti i giorni;

MEDIA: QI accertato mediante test di W.A.I.S. tra 50 e 60%; disturbi emotivi apprezzabili a seguito di stress psichici lievi; capacità al lavoro proficuo conservata, ma con necessità di supervisione; capacità di affrontare i problemi economici ed assistenziali più semplici; necessità di un tutore o di un’assistenza sociale adeguata per i problemi più complessi;

GRAVE: QI accertato mediante test di W.A.I.S. tra 40 e 50%; disturbi emotivi gravi e frequenti; farmacoterapia con necessità di controlli frequenti e terapia psicologica di appoggio; capacità al lavoro proficuo abolita; necessità di un tutore o di un’assistenza sociale adeguata per tutti i problemi economici ed assistenziali.

APPARATO UDITIVO

IPOACUSIE

Le perdite uditive monolaterali e bilaterali pari o inferiori a 275 dB dovranno essere valutate utilizzando la tabella allegata, i cui valori percentuali derivano da una semplificazione e rielaborazione (con arrotondamenti in eccesso o in difetto) della tabella per le perdite uditive monolaterali o bilaterali proposte dal Committee on Conservation of Hearing secondo il metodo A.M.A. 1961.

Alla sordità monolaterale totale viene attribuito un punteggio di invalidità del 15%, alla sordità bilaterale totale un grado del 58.5%. Lì dove i valori percentuali in tabella siano espressi da numeri decimali con frazione di mezzo punto sarà a discrezione della Commissione, caso per caso attribuire mezzo punto al punteggio pieno in eccesso o in difetto (per esempio il punteggio di 58.5 può essere portato a 59 o 58).

1) Il punteggio relativo ad ipoacusie ad andamento fluttuante e fortemente discontinuo nel tempo (ipoacusie di trasmissione, ipoacusie di tipo misto, ipoacusie neuro-sensoriali con timpanogramma patologico, malattie di Ménière ecc.) deve scaturire da un periodo di osservazione di almeno 1 anno, mediante l’esecuzione di almeno 3 esami oto-funzionali effettuati ogni 3-4 mesi. Il punteggio deriverà dalla media della perdita fra i tre esami. Inoltre è raccomandata la revisione ogni tre anni.

2) La valutazione del grado di ipoacusia e il calcolo del punteggio vanno effettuati sempre a orecchio nudo, cioè senza protesi.

Ciò per numerosi motivi:

– non è possibile valutare l’efficacia e la resa protesica se non dopo un adeguato periodo di allenamento e adattamento variabile da caso a caso;

– la valutazione tradizionale della resa protesica mediante esame audiometrico tonale in campo libero non è idonea ed inoltre non è acusticamente corretto paragonare risposte in campo libero con risposte in cuffia;

– l’unico test valido per verificare la resa protesica è l’audiometria vocale effettuabile solo in pochi centri specializzati; inoltre in tale metodica vengono utilizzati come unità di misura dB SPL difficilmente convertibili in dB HTL; e vengono introdotti gli stessi problemi valutativi legati all’impiego del campo libero di cui si è già accennato;

– la verifica del guadagno prodotto dalla protesi presuppone la contestuale verifica da parte della Commissione della correttezza sia della prescrizione che dell’applicazione della protesi;

– notevolmente difficoltosa e aleatoria è la valutazione in termini medico-legali del vantaggio prodotto dall’uso di protesi acustiche, considerati gli svantaggi che presentano, i danni estetici che comportano l’impossibilità di impiegarli in ambienti rumorosi, le difficoltà di usarle durante il lavoro, l’affaticamento uditivo ecc;

– appare più opportuno effettuare una valutazione teorica sulla possibilità o meno di applicazione di una protesi per ciascun grado di ipoacusie e laddove tale possibilità teorica sussista applicare una limitata riduzione del punteggio di invalidità;

– la riduzione dell’invalidità nei casi di ipoacusia protesizzabile è stata fissata nella nostra tabella in 9 punti e riguarda tutte le ipoacusie pari o inferiori a 275 dB sull’orecchio migliore; per cui partendo dalle ipoacusie bilaterali superiori a 275 dB difficilmente protesizzabili a cui è riconosciuta una invalidità del 65% si passa alle ipoacusie bilaterali pari o inferiori a 275 dB sull’orecchio migliore in cui la protesizzazione è possibile e a cui è riconosciuta una invalidità fino a un massimo del 59%; il livello critico di passaggio da una ipoacusia ben protesizzabile a una ipoacusia difficilmente protesizzabile è stato pertanto fissato sui 275 dB; al di sotto di tale livello di perdita viene automaticamente applicata una riduzione di 9 punti proprio in base alla possibilità dell’applicazione di un apparecchio protesico che può garantire in modo totale o parziale il ripristino funzionale dell’apparato uditivo.

3) Nei casi in cui non è possibile utilizzare l’audiometria tonale liminare soggettiva, e quindi valori espressi in dB HTL, ma solo tests obiettivi come i potenziali evocati uditivi, e quindi valori espressi in dB SPL la tabella può essere impiegata nel modo seguente:

a) conversione dei dB SPL (pressione acustica) in dB HTL (soglia soggettiva) ove la soglia ricavata sia stata espressa appunto in dB SPL;

b) somma della perdita in dB HTL sulle tre frequenze 500, 1000 e 2000 Hz nel caso siano stati impiegati toni puri o stimoli caratterizzati in frequenza;

c) moltiplicazione per 3 del valore di perdita riscontrato e convertito in dB HTL, ove sia impiegato un solo tipo di stimolo (per es. il click) non caratterizzabile in frequenza.

TABELLA DEI DEFICIT UDITIVI – PUNTEGGIO % DI INVALIDITÀ

70-80 0                          
85-95 1 4.5                        
100-110 2 6 9                      
 115-125 7  10 13.5                    
 130-140 4.5 8 11 15

18

                 
 145-155 6 9 12 16 19 22.5                
175-185 8  11  15  18 21 25 28

31.5

           
190-200 9 12 16 19 22.5

26

29 33 36          

205-215

10

13.5

17 20 24 27 30 34 37

40.5

       

220-230

11

15

18 21 25 28

31.5

35 38 42 45      

235-245

12

16

19

22.5

26 29

33

36 39 43 46

49.5

   

250-260

13.5

17

20 24 27 30

34

37

40.5

44 47 51 54  

265-275

15 18 21 25 28

31.5

35 38 42 45 48 52 55

58.5

 

70-

80

85-

95

100-

110

115-

125

130-

140

145-

155

160-

170

175-

185

190-

200

205-

215

220-

230

235-

245

250-

260

265-

275

 

Ascissa: ORECCHIO MIGLIORE (somma delle perdite uditive in dB per le frequenze 500-1000-2000Hz)

Ordinata: ORECCHIO PEGGIORE (somma delle perdite uditive inn dB per le frequenze 500-1000-2000 Hz)

Ai fini della concessione della indennità di comunicazione la dizione “sordo pre-linguale”, di cui all’art. 4, della legge 21 novembre 1988, n. 508, deve considerarsi equivalente alla dizione di “sordomuto” di cui all’art. 1 della legge 26 maggio 1970, n. 381 (“…si considera sordomuto il minorato sensoriale dell’udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l’età evolutiva che gli abbia impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio”).

Viene precisato quanto segue:

a) ai fini dell’applicazione delle norme sopracitate il termine conclusivo dell'”età evolutiva” va identificato con il compimento del dodicesimo anno di età;

b) la locuzione “che gli abbia impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato” deve essere intesa nel senso che l’ipoacusia renda o abbia reso difficoltoso il normale apprendimento del linguaggio parlato.

I fattori che in una ipoacusia possono rendere difficoltoso il normale apprendimento del linguaggio parlato sono molteplici e complessi: primi, tra tutti, l’epoca di insorgenza dell’ipoacusia in relazione all’età evolutiva di cui al precedente punto a) ed il livello di perdita uditiva di cui al seguente punto c). Altri fattori importanti, ma aleatori e quindi non quantificabili né valutabili in sede normativa sono la precocità e la correttezza della diagnosi e del trattamento, il livello socio-culturale della famiglia ed altri ancora. c) esclusivamente ai fini della concessione della indennità di comunicazione, l’ipoacusia che dà diritto a beneficiare di tale indennità deve essere:

1) pari o superiore a 60 dB di media tra le frequenze 500, 1000, 2000 Hz nell’orecchio migliore qualora il richiedente non abbia ancora compiuto il dodicesimo anno di età;

2) pari o superiore a 75 dB qualora il richiedente abbia compiuto il dodicesimo anno d’età purché sia dimostrabile l’insorgenza dell’ipoacusia prima del compimento del dodicesimo anno. A tal fine, faranno fede documenti clinici rilasciati da pubbliche strutture e, in mancanza di dati cronologici certi, la valutazione dei caratteri qualitativi e quantitativi del linguaggio parlato e dei poteri comunicativi nel loro insieme da cui si possa desumere un’origine audiongena delle alterazioni fono-linguistiche presenti;

3) l’esame o gli esami audiometrici da valutare ai fini della concessione dell’indennità devono essere effettuati dopo il compimento del primo anno d’età;

4) l’esame o gli esami relativi ai pazienti di età inferiore ai 12 anni devono riportare chiaramente un’attestazione di attendibilità dell’esame stesso (attendibile/non attendibile) redatta dal medico esaminatore;

5) le ipoacusie di tipo trasmissivo o comunque che si accompagnano a timpanogrammi dimostranti patologie tubo-timpaniche devono essere valutate secondo i criteri già esposti per l’invalidità civile;

6) l’esame impedenzometrico, anche per permettere una valutazione di cui al punto precedente, deve essere obbligatoriamente allegato ad ogni esame audiometrico, a meno che non vi siano chiare controindicazioni (otite cronica a timpano aperto, stenosi o lesioni del condotto uditivo ecc.).

d) I beneficiari dell’indennità di comunicazione, concessa prima del compimento di dodici anni d’età a causa di perdita uditiva inferiore a 75 dB di media tra le frequenze 500, 1000, 2000 Hz nell’orecchio migliore, decadono dal godimento del beneficio al compimento di detta età.

In tutti i casi in cui i livelli di perdita uditiva siano inferiori a quelli sopra indicati o non sia dimostrabile un’epoca dell’insorgenza dell’ipoacusia compresa nell’arco dell’età evolutiva, verrà effettuata una valutazione secondo i criteri dell’invalidità civile.

Ai fini della concessione della pensione di cui all’art. 1 della legge 26 maggio 1970, n. 381 e successive modificazione, il requisito di soglia uditiva è da considerarsi corrispondente ad una ipoacusia pari o superiore a 75 dB HTL di media tra le frequenze 500, 1000, 2000 Hz sull’orecchio migliore, fermi restando gli altri requisiti previsti dalla legge sunnominata.

Gli accertamenti sanitari relativi alla sordità prelinguale devono essere effettuati da medici specialisti in otorinolaringoiatria o in audiologia o in foniatria.

I valori di soglia uditiva suindicati sono da riferirsi a dB HTL; nel caso gli esami clinici riportino valori espressi in dB SPL (come nel caso dei potenziali evocati) questi dovranno debitamente essere convertiti in dB HTL.

APPARATO VESTIBOLARE

Il deficit vestibolare unilaterale è ben compensato se è presente: lieve vertigine nell’oscurità, esame clinico normale o lieve instabilità, areflessia calorica unilaterale, prova pendorale o rotatoria simmetrica.

Il deficit vestibolare unilaterale è mal compensato se esistono turbe vertigino-posturali persistenti in cambiamenti di posizione od oscurità, esame clinico con uno o più reperti positivi (nistagno, prove tecniche), prova calorica con areflessia o marcata iporeflessia, prova pendolare o rotatoria senza compenso, asimmetrica, mal organizzata.

Il deficit vestibolare è bilaterale se esistono turbe obiettive dell’equilibrio, nistagno latente, Romberg positivo, marcia molto disturbata, prova pendolare o rotatoria molto alterata, disorganizzata o con traccia ENG quasi assente.

Le grandi crisi parossistiche vertiginose sono ben confermabili in fase acuta. Risulta disturbata la deambulazione e il lavoro. È presente un quadro simil-menierico o fistola labirintica. Le prove strumentali sono variabili nel tempo in rapporto con la vicinanza della crisi.

Sono ritrovabili elementi simili alla sindrome deficitaria unilaterale mal compensata. Evidenziabili elementi irritativi importanti (iperreflessia vestibolare monolaterale, vertigine, nausea, vomito ed altri sintomi neuro-vegetativi). Frequente l’associazione con ipoacusie di tipo misto o neurosensoriali. In questo quadro rientrano anche la sindrome e le malattie di Ménière.

Data la possibilità di un compenso funzionale a distanza variabile di tempo dall’evento che ha determinato il danno e data anche la possibilità di evoluzione nel tempo del quadro patologico, viene fatta raccomandazione di:

1) utilizzare due esami clinici e strumentali intervallati di almeno dodici mesi di cui il primo costituirà una documentazione iniziale di base o di raffronto e il secondo la documentazione definitiva su cui deve essere effettuata la valutazione dell’invalidità;

2) effettuare una revisione ogni tre anni. Ai fini della valutazione vanno prese in considerazione oltre alle prove spontanee tradizionali anche le prove caloriche, pendolari o rotatorie. L’esecuzione di una prova pendolare o rotatoria con tracciato ENG rende non indispensabile l’esecuzione di una prova calorica, ma non viceversa. È comunque raccomandabile sempre l’esecuzione di entrambi i tip di esami a meno che non sussistano chiare controindicazioni alla prova termica (per es. otite media a timpano aperto).

APPARATO VISIVO

– La diminuzione del visus deve essere intesa dopo correzione a meno che l’anisometropia sia tale che la lente necessaria sia di gradazione troppo elevata; nel tal caso si devono aggiungere cinque punti percentuali.

– Le eventuali perdite campimetriche che possono rilevarsi in caso di glaucoma congenito od acquisito devono essere valutate a parte. – La valutazione dei deficit visivi binoculari si effettua secondo la specifica tabella allegata, nella quale l’acutezza visiva centrale è indicata nella prima colonna orizzontale per un occhio e verticale per l’altro. Al punto d’incontro delle due colonne, si legge la percentuale d’invalidità. È importante sottolineare che l’acutezza visiva centrale indicata è quella relativa al visus residuo.

TABELLA PER LA VALUTAZIONE DEI DEFICIT VISIVI BINOCULARI VISUS

(la percentuale si ottiene dall’incrocio del visus residuo in entrambi gli occhi)

VISUS 9/10 8/10 7/10 6/10 5/10 4/10 3/10 2/10 1/10 1/20 MENO DI 1/20
9/10 a 8/10 0 2 3 5 7 10 15 20
7/10 a 6/10 2 3 5 7 10 15 20 30
5/10 a 4/10 3 5 7 10 15 20 30 40
3/10 5 7 10 15 20 30 40 60
2/10 7 10 15 20 30 40 60 70
1/10 10 15 20 30 40 60 70 80
1/20 15 20 30 40 60 70 80 100
MENO DI 1/20 20 30 40 60 70 80 100 100

PATOLOGIE IMMUNITARIA E SISTEMICA

Per le infermità che comportino compromissione viscerale la percentuale di invalidità aumenta in proporzione al grado ed al tipo di tale compromissione.


8 commenti su “SECONDA PARTE (DM 05/02/1992) Indicazioni per la valutazione dei deficit funzionali”

  1. sono effetto da distrofia muscolare faccio-scapolo-omerale da miopatia da desmina cie un contributo di invalidita

    1. Buonasera.
      Come risposto in altre occasioni, occorre sempre valutare i soggetti caso per caso, anche perchè non esistono in tabella indicazioni relative ad una qualunque delle malattie rare e le Commissioni dell’Invalidità civile procedono con criterio “analogico”, cioè cercano di individuare in tabella infermità “somiglianti”, da un punto di vista funzionale, con quella dell’istante.
      Il “contributo” per invalidità potrebbe esserci nella misura in cui le infermità, ben documentate, provochino globalmente un’invalidità superire al 74%, fermo restando il requisito economico.
      Una consulenza precisa e affidabile da parte mia sulla base di queste poche informazioni è comunque impossibile, ma sarebbe impossibile anche con maggiori notizie. La corretta pratica medico-legale impone che il paziente sia visitato, … sempre.
      Consiglio di chiedere lumi ad un medico esperto in medicina legale in carne ed ossa.
      Saluti.
      Nikol

  2. sono effetto da miopatia da accumolo da desmina piu sindrome di klinefelter stanchezza muscolare ecciessiva,cie un contributo di invalidita

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