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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Sentenza n. 02266/01

Composta dai signori Magistrati;
dr. Vincenzo Trezza Presidente
dr. Guglielmo Sciarelli Consigliere
dr. Donato Figurelli Consigliere rel.
Dr. Camillo Filadoro Consigliere
Dr. Gabriella Coletti Consigliere
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Omissis …
CONTRO
Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, in persona del Presidente e legale rappresentante avv. Prof. Pietro Magno, elettivamente domiciliato in Roma alla via IV Novembre n. 144 presso gli avvocati Antonino Catania ed Antonio Vincenzo Noto, dai quali è rappresentato e difeso in virtù di procura in calce al controricorso, controricorrente;
per l’annullamento della sentenza del Tribunale di Arezzo in data 21 marzo – 7 giugno 1997, n. 242/97, n. 1304/96 R.G.;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Donato Figurelli nella pubblica udienza del 24 ottobre 2000;
udito l’avv. Giuseppe De Ferrà per delega dell’avv. Antonino Catania per l’INAIL;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. Orazio Frazzini, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 25 febbraio 1995 la signora … conveniva l’INAIL innanzi al pretore giudice del lavoro di Arezzo, esponendo:
che nel corso della sua attività di lavoro aveva subito più infortuni, in data 18 marzo 1974, in data 20 ottobre 1976 ed in data 21 gennaio 1986, riconosciuti dall’INAIL produttivi di postumi invalidanti a carattere permanente ed unificati nel 1986 in un’unica valutazione pari al 42%;
che successivamente, nel febbraio 1991, a seguito di revisione, l’INAIL aveva portato tale invalidità al 25%, ma, chiusa la collegiale in disaccordo, la ricorrente aveva adito il Pretore di Arezzo, che le aveva riconosciuto un’invalidità del 30%;
che in data 19 febbraio 1994 l’INAIL, a seguito di nuova visita di revisione, aveva ridotto il grado d’invalidità dal 30% al 19% con decorrenza 1 marzo 1994.
Ciò premesso, la …, esperiti senza esito i ricorsi amministrativi, adiva il Pretore di Arezzo per conseguire il riconoscimento dei postumi, conseguenti agli infortuni citati, nella misura del 30% ed ottenere condanna dell’INAIL a corrispondere la relativa rendita dalla data della domanda amministrativa.
L’Istituto si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto della domanda avversaria, in quanto infondata in fatto ed in diritto.
Il Pretore, espletata una c..t.u. medico legale, che confermava nella misura del 19% l’inabilità lavorativa derivante complessivamente dagli eventi infortunistici policromi, riteneva la causa in decisione e, facendo applicazione del “principio della stabilizzazione dei postumi”, accoglieva la domanda della ricorrente. Affermando che la rendita di cui la … beneficiava per effetto degli infortuni del 1974 e del 1976 doveva considerarsi consolidata in misura del 34% (anche se la domanda veniva accolta nei limiti del 30% per non andare ultra petita), perché, in sede di accertamento dei postumi connessi al nuovo infortunio del 1986, era stata appunto confermata detta misura, che dunque doveva considerarsi consolidata, quando il 25 gennaio 1991 la … era stata sottoposta a nuova visita di revisione.
Avverso tale decisione proponeva appello l’INAIL, che sosteneva l’erroneità dell’assunto del Pretore.
Resisteva all’accoglimento dell’appello la …
Con sentenza in data 21 marzo – 7 giugno 1997, il Tribunale di Arezzo rigettava la domanda proposta dalla …
Osservava il Tribunale che erroneamente il Pretore aveva ritenuto di risolvere la questione, facendo applicazione dell’art. 83 d.p.r. 1124 del 1965, cioè dell’Istituto della revisione della rendita con riferimento al singolo infortunio; che nel caso di specie si era infatti in presenza della costituzione di una rendita unica per infortuni policromi, istituto disciplinato dall’art. 80 del citato d.p.r.
Richiamate le sentenze 6 giugno 1989 n. 318 della Corte costituzionale e 19 dicembre 1990 n. 12023 delle Sezioni Unite di questa Corte Suprema, il Tribunale osservava che nessuno degli infortuni subiti dalla … si era verificato “a distanza di oltre un decennio l’uno dall’altro” e quindi non sussisteva il “limite esterno”, derivante dalla presunzione di cristallizzazione dei postumi, che imponesse di erogare una rendita in misura non inferiore a quella liquidata; che nella fattispecie quindi andava fatta applicazione esclusivamente del disposto degli artt. 78 – 80 del t.u. predetto; che la domanda dell’assicurata andava pertanto respinta.
Avverso detta sentenza, con atto notificato il 22 gennaio 1998, la … ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, ed illustrato da memoria.
L’INAIL ha resistito con controricorso notificato il 2 marzo 1998.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 80 e 83 del d.p.r. n. 1124 del 1965, anche in relazione alla sentenza della Cote costituzionale n. 318 del 1989, nonché motivazione insufficiente e contraddittoria (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), la ricorrente deduce che la sentenza n. 318 del 1989 della Corte costituzionale e la sentenza n. 12023 del 1990 della Cassazione si riferiscono a fattispecie di un secondo infortunio avvenuto trascorso il decennio dal primo; che la presente fattispecie è diversa e particolare, perché il decennio dagli infortuni del 1974 e del 1976 era largamente decorso alla data della revisione del 1991; che il provvedimento intermedio di costituzione di rendita unica dal 1986 non può influire nel rapporto tra infortuni del 1974 e del 1976 e la revisione del 1991, onde si deve applicare il principio di assicurare quanto meno una rendita uguale a quella già erogata; che l’infortunio del 1986 si è aggiunto all’esito dei due precedenti, i quali nel 1986 sono stati confermati quanto al grado di inabilità senza alcuna modificazione, con inabilità immutata al 34%, aggiungendosi gli esiti del terzo infortunio (1986) fino al 42%.
Aggiunge la ricorrente che in effetti gli esiti degli infortuni 1974 e 1976 sono rimasti fino alla revisione del 1991, con il decorso di ben oltre 10 anni dalla costituzione delle rispettive rendite con danno globale del 34%, non avendo rilievo che nel 1986 si sia aggiunto un diverso infortunio in decisione del quale si è aggiunta autonomamente una percentuale dell’8 per cento d’inabilità per il terzo infortunio, indipendentemente ed ininfluente ai fini del consolidamento della rendita 1974-1976 (34%); che l’applicazione delle sentenze in questione non può non comportare l’intangibilità della valutazione, come limite esterno, per consolidamento oltre il decennio, al di sotto del quale non è consentito andare (34%); che risulta pertanto evidente che la revisione del 1991 non poteva tenere conto di quel limite esterno già operante dal 1974-1976.
Il ricorso è fondato.
Sulla base, invero, dell’interpretazione della sentenza della Corte costituzionale n. 318 del 1989, ogni infortunio occorso al lavoratore deve essere considerato indipendente ed autonomo rispetto alla rendita unificata per altri precedenti infortuni, sicché, in caso di revisione, le rendite precedenti, usufruite per oltre dieci anni, restano consolidate e non possono essere ritenute travolte da una revisione che, eventualmente, riconosca che la capacità lavorativa del soggetto, per qualsivoglia evenienza, si sia ridotta al di sotto del limite indennizzabile (Cass. 7 luglio 2000 n. 9133).
Le svolte considerazioni inducono all’accoglimento del ricorso, in quanto la rendita per gli infortuni del 1974 e del 1976 si era consolidata.
La sentenza deve essere pertanto cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte deve pronunciare nel merito ex art. 384 c.p.c., con conferma della sentenza pretorile, anche in ordine al regolamento delle spese. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di appello.
Per quanto concerne le spese del giudizio di cassazione, esse seguono la soccombenza, con distrazione in favore dell’avv. Franco Agostini, difensore del ricorrente e liquidazione come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., conferma la sentenza del Pretore anche per le spese. Compensa le spese del giudizio di appello e condanna l’Istituto a pagare alla ricorrente, e per questa al difensore distrattario avv. Franco Agostini, le spese del giudizio di cassazione, liquidate in lire 270.000 oltre lire 3.000.000 = per onorario difensivo.

Così deciso in Roma il 24 ottobre 2000.
Il Presidente
(dr. Vincenzo Trezza)
Il Consigliere estensore
( dr. Donato Figurelli)




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