Siamo in estate, tanto caldo, ustioni, colpi di calore, … ci mancavano anche le meduse e le tracine.
In estate effettivamente le bellissime quanto temibili meduse, seguendo le correnti calde, si affacciano su spiagge e scogliere dell’italico paese. Bianche o colorate, con tentacoli corti o lunghi, il risultato non cambia: il contatto con i tentacoli di uno di questi animali è paragonabile ad una dolorosa frustata.
Lasciando da parte tecnicismi e nomi difficili, possiamo dire semplicemente che le meduse, lungo i tentacoli, hanno numerosissime piccolissime vescicolette piene di una sostanza fortemente irritante per la cute.
Durante il contatto alcune vescicole si rompono riversando la sostanza tossica sulle cute, altre si distaccano e restano integre sulle cute. Quindi dopo il contatto si ha una reazione immediata con bruciore, dolore e arrossamento della pelle, effetti questi che durano a lungo per la persistenza del tossico sulla pelle, magari per la rottura ritardata delle vescicolette rimaste in loco.
Dopo il contatto con una medusa il bruciore è così forte che è indispensabile procedere ad un trattamento terapeutico, che in parte può essere competenza medica, ma che può essere reso più efficace o addirittura non necessario se si mettono in atto alcune semplici procedure:
- bisogna eliminare il veleno dalla pelle; per questo esistono specifici prodotti venduti in farmacia che servono ad inattivare la proteina velenosa, a base fondamentalmente di ammoniaca molto diluita; ma se questi rimedi non fossero disponibili rapidamente esiste un altro sistema, forse un poco casalingo, ma con solide basi scientifiche: la proteina del veleno delle meduse infatti viene denaturata, cioè viene trasformanta nella sua forma e quindi resa innocua, se immersa in acido acetico al 5 x 1000; il comune aceto da cucina ha proprio questa concentrazione di acido acetico e quindi un impacco con aceto sulla zona interessata è in grado di provocare un rapido sollievo dal dolore e dal bruciore.
- bisogna eliminare le vescicole rimaste sulla pelle; questo può essere fatto in modo semplice lavando la parte interessata, ma NON DEVE ESSERE MAI USATA ACQUA DOLCE, calda o fredda che sia; l’acqua dolce infatti provoca la rottura delle vescicole con un meccanismo che in chimica viene chiamato “osmotico”; fondamentalmente l’acqua viene attratta dentro le vescicolette che si gonfiano e si rompono riversando ancora più veleno sulla pelle e perpetuando ed aggravando i sintomi; occorre quindi lavare la parte con acqua di mare, eventualmente in mancanza con acqua salata, meglio se un po calda; possono poi essere usati anche sistemi più complessi, come la “rasatura” della parte.
Sarà poi compito del medico trattare, se necessario, il malcapitato per lenire il bruciore e gli effetti provocati dal veleno che comunque ha avuto il tempo di agire.
Un’altro capitolo particolare è quello delle punture del pesce tracina. E’ un pesce che ha sul dorso una spina contenente un veleno la cui inoculazione provoca un intenso dolore locale.
Non sono pochi coloro che inavvertitamente, su scogli o spiagge, calpestano il pesce pungendosi la pianta del piede, a volte con rottura della spina dorsale che resta infissa profondamente nella pelle. Anche in questo caso, prima o contestualmente all’intervento medico, può essere messa in atto una procedura “casalinga”, ma estremamente efficace.
Il veleno della tracina infatti è anch’esso una proteina, la cui denaturazione avviene se immerso in una soluzione portata alla temperatura di 45°.
In sostanza per inattivare il veleno della tracina e quindi alleviare rapidamente il violento dolore della puntura occorre immergere la parte colpita in un recipiente con acqua molto calda, al limite della sopportazione, in questo caso non importa se dolce o salata. In genere nall’arco 30-60 minuti il dolore si riduce drasticamente, a volte anche più rapidamente.
L’intervento medico potrà essere utile per verificare la eventuale presenza di un frammento di spina dorsale della tracina infissa nella cute e decidere sulla necessità dell’asportazione e/o di terapia farmacologica (spesso non necessaria).
Dott. Salvatore Nicolosi