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CORTE DI CASSAZIONE – sezione lavoro – sentenza n. 2642/2012
parole chiave: INAIL, infortunio in itinere” ... In tema di infortunio “in itinere”, il requisito della “occasione di lavoro” implica la rilevanza di ogni esposizione a rischio, indipendentemente dal grado maggiore o minore di questo, assumendo il lavoro il ruolo di fattore occasionale del rischio stesso ed essendo il limite della copertura assicurativa costituito esclusivamente dal “rischio elettivo”, intendendosi per tale quello che, estraneo e non attinente alla attività lavorativa, sia dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente alla attività lavorativa, ponendo così in essere una causa interattiva di ogni nesso tra lavoro, rischio ed evento. Ne consegue che, allorquando l’utilizzo della pubblica strada sia imposto dalla necessità di raggiungere il posto di lavoro, si configura un rapporto finalistico o strumentale, tra l’attività di locomozione e di spostamento (tra luogo di abitazione e luogo di lavoro, e viceversa) e l’attività di stretta esecuzione della prestazione lavorativa, che di per sé è sufficiente ad integrare quel “quid pluris” richiesto per la indennizzabilità dell’infortunio “in itinere” …

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CORTE DI CASSAZIONE – sezione lavoro – sentenza n. 2251/2012
parole chiave: Amianto, mesotelioma, responabilità dell’azienda, risarcimento” ... in caso di lesione dell’integrità fisica che abbia portato ad esito letale, la vittima che abbia percepito lucidamente l’approssimarsi della fine attivi un processo di sofferenza psichica particolarmente intensa che qualifica il danno biologico e ne determina l’entità sulla base non già (e non solo) della durata dell’intervallo tra la lesione (o, come nel caso di specie, la manifestazione conclamata della malattia) e la morte, ma dell’intensità della sofferenza provata (Cass. 18.01.11 n. 1072 e 14.02.07 n. 3260). Il risarcimento di tale danno (che è reclamabile dagli eredi) impone, pertanto, un criterio di personalizzazione del danno, che, escluso ogni meccanismo semplificato di liquidazione automatica tenga conto, pur nell’ambito di criteri predeterminati, delle condizioni personali e soggettive del lavoratore e delle particolarità del caso concreto …

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CORTE DI CASSAZIONE – sezione lavoro – sentenza n. 799/2012
Ipoacusia professionale: “… Tale carattere valutativo del rapporto tra mansioni e malattia risulta proprio dalla costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il nesso deve essere valutato in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità, per accertare il quale il giudice deve non solo consentire all’assicurato di esperire i mezzi di prova ammissibili e ritualmente dedotti, ma deve altresì valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale, facendo ricorso anche ad ogni iniziativa ex officio diretta ad acquisire ulteriori elementi in relazione all’entità ed all’esposizione del lavoratore ai fattori di rischio,…”

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CORTE DI CASSAZIONE – sezione lavoro – sentenza n. 87/2012
sentenza in cui non è coinvolta l’INAIL, ma che da una indicazione giuridica sul significato del “mobbing

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CORTE DI CASSAZIONE – sezione lavoro – sentenza n. 26301/2011
anche il semplice aggravamento di una preesistente patologia di origine extralavorativa non esclude il rapporto di causalità fra la causa dell’aggravamento stesso e l’evento morte.“.

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CORTE DI CASSAZIONE – sezione lavoro – sentenza n. 26299/2011
Ai sensi del nuovo regime introdotto dal Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, articolo 13 (recante disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), la voce n. 43 della tabella delle menomazioni approvata con Decreto Ministeriale 12 luglio 2000, giusta la previsione del comma 3 del predetto articolo 13, va interpretata nel senso che la dermopatia cronica a genesi allergica, con alterazione della sensibilità ed apprezzabile pregiudizio estetico, ivi contemplata, deve interessare, oltre agli arti, anche il volto o il collo o entrambe tali parti del corpo“.

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Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – sentenza n. 26153/2011
Nel nuovo regime introdotto dai Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, articolo 13 (recante disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), a seguito della delega di cui alla Legge 17 maggio 1999, n. 144, articolo 55, al fine del riconoscimento dell’indennizzo in capitale del danno biologico per menomazioni superiori al 6% sino al 16% subito dal lavoratore per infortunio sul lavoro o per malattia professionale, danno che è determinato in misura indipendente dalla capacità di produzione del reddito del lavoratore danneggiato, il giudice – e per esso il c.t.u. – deve far riferimento al decreto ministeriale 12 luglio 2000 di approvazione della tabella delle menomazioni, della tabella di indennizzo danno biologico e della tabella dei coefficienti.”

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Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – sentenza n. 26152/2011
il termine decennale di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 83, entro il quale si può procedere, a domanda dell’assicurato o per disposizione dell’istituto, alla revisione della rendita da infortunio sul lavoro, non è nè di prescrizione, nè di decadenza, non incidendo sull’esercizio, ma sull’esistenza del diritto, ed avendo solo la funzione di delimitare l’ambito temporale di rilevanza dell’aggravamento o del miglioramento delle condizioni dell’assicurato, poichè la legge collega al trascorrere del tempo una presunzione assoluta per effetto della quale devono ritenersi definitivamente stabilizzate le condizioni fisiche; con la conseguenza che l’attivazione del procedimento di revisione e l’accertamento medico legale possono aver luogo oltre il termine decennale se relativi a modifiche intercorse entro il suddetto limite temporale”

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CORTE DI CASSAZIONE – sezione lavoro – sentenza n. 26299/2011
Ai sensi del nuovo regime introdotto dal Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, articolo 13 (recante disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), la voce n. 43 della tabella delle menomazioni approvata con Decreto Ministeriale 12 luglio 2000, giusta la previsione del comma 3 del predetto articolo 13, va interpretata nel senso che la dermopatia cronica a genesi allergica, con alterazione della sensibilità ed apprezzabile pregiudizio estetico, ivi contemplata, deve interessare, oltre agli arti, anche il volto o il collo o entrambe tali parti del corpo“.

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CORTE DI CASSAZIONE – sezione lavoro – sentenza n. 25977/2011
Per il riconoscimento di una malattia professionale non è sufficiente che una patologia sia inserita nel’elenco del DM 07/04/2004 n. 14563 : ” … Quanto poi all’inserimento nel Decreto Ministeriale 7 aprile 2004, n. 14563 della “esposizione a nebbie di acidi inorganici forti, contenenti acido solforico” nell’elenco delle situazioni con elevata probabilità di causazione di tumori del polmone, non si tratta dell’inserimento di tale voce nella tabella delle malattie professionali nell’industria di cui all’allegato n. 4 al Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965 (in particolare come specificazione del n. 13 e oggi al n. 25 del Decreto Ministeriale 9 aprile 2008), ma di una lista di malattie di probabile o possibile origine lavorativa da tenere sotto osservazione ai fini della futura revisione di tali tabelle e che, ai sensi dell’articolo 139 del citato Decreto del Presidente della Repubblica, sono oggetto di denuncia obbligatoria da parte del medico (cfr. al riguardo il Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, articolo 10, comma 4).Un tale inserimento costituisce sicuramente un significativo indizio a sostegno dell’origine professionale della malattia, del quale peraltro i giudici di merito non hanno rinvenuto ulteriori riscontri, in ragione evidentemente della notevolissima distanza temporale tra gli anni di esposizione e il manifestarsi della malattia (si consideri, ad es., che l’ultimo decreto di revisione della tabella – Decreto Ministeriale 9 aprile 2008 – stabilisce per le malattie da esposizione ad acidi solforosi inorganici un periodo massimo di indennizzo, dalla cessazione della lavorazione morbigena, oscillante dai due ai sei anni) ed anzi hanno individuato nel tabagismo del Ch. la causa esclusiva della malattia.

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CORTE DI CASSAZIONE – sezione Lavoro – sentenza n. 16923/2011
 IPSEMA e malattia professionale multifattoriale

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CORTE DI CASSAZIONE – Sezione Lavoro – Sentenza n. 12315/2011
 

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CORTE DI CASSAZIONE – Sezione lavoro – sentenza n. 5550/2011
CORTE DI CASSAZIONE – Sezione lavoro – sentenza n. 5549/2011
CORTE DI CASSAZIONE – Sezione lavoro – sentenza n. 5548/2011
(tre sentenze “fotocopia”); PAROLE CHIAVE: revisione, 15° anno, malattia professionale, nuova malattia, sentenza Corte Costituzionale 46/2010

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CORTE COSTITUZIONALE – Sentenza n. 46/2010

 MASSIMA: “Non è fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 80 e 131, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, sollevata per asserita violazione dei principi dettati dagli artt. 3, 32 e 38 della Costituzione. Le due norme, riferendosi all’ipotesi di «nuova» malattia professionale, devono essere interpretate nel senso che esse riguardano anche il caso in cui, dopo la costituzione di una rendita per una determinata malattia professionale (“vecchia”, quindi, in contrapposizione alla “nuova”), il protrarsi dell’esposizione al medesimo rischio patogeno determini una “nuova” inabilità che risulti superiore a quella già riconosciuta. Tale interpretazione delle norme sopracitate non fa ricadere l’ipotesi così delineata nell’ambito di applicabilità dell’art. 137 del d.P.R. n. 1124 del 1965, il quale si riferisce esclusivamente all’aggravamento eventuale e conseguenziale dell’inabilità derivante dalla naturale evoluzione della originaria malattia. Quando, invece, il maggior grado di inabilità dipende dalla protrazione dell’esposizione a rischio patogeno, e si è quindi in presenza di una «nuova» malattia, seppure della stessa natura della prima, la disciplina applicabile è quella dettata dall’art. 80, estesa alle malattie professionali dall’art. 131.”

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CORTE DI CASSAZIONE – Sezione Lavoro – Sentenza n. 17649/2010
 

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CORTE DI CASSAZIONE – sezione lavoro – sentenza n. 2350/2010
 

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CORTE DI CASSAZIONE – Sezione Lavoro – sentenza n. 27831/2009
 PAROLE CHIAVE: nesso causale, concausa –“...costituisce insegnamento di questa Suprema Corte che la causa violenta richiesta dall’art. 2 DPR n. 1124 del 1965 per l’indennizzabilità dell’infortunio, che agisce dall’esterno verso l’interno dell’organismo del lavoratore, è ravvisabile anche in uno sforzo fisico che non esuli dalle condizioni tipiche del lavoro cui l’infortunato sia addetto, purché lo sforzo stesso, ancorché non straordinario o eccezionale, sia diretto a vincere dinamicamente una resistenza, ossia una forza antagonista, peculiare della prestazione di lavoro o del suo ambiente, e abbia determinato, con azione rapida ed intensa, una lesione (v. ad es, Cass. n. 13928/2004; Cass. n. 19682/2003; Cass. n. 239/2003; Cass, n. 13741/2000).Si è, altresì, precisato che la predisposizione morbosa del lavoratore non esclude il nesso causale fra lo sforzo fisico (o le situazioni di stress emotivo ed ambientale) e l’evento infortunistico, anche in relazione al principio dell’equivalenza causale di cui all’art. 41 cp, che trova applicazione nella materia degli infortuni sul lavoro, dovendosi riconoscere un ruolo di concausa anche ad una minima accelerazione di una pregressa malattia (cfr. Cass. n. 19682/2003) e ben potendo, anzi, preesistenti fattori patologici rendere più gravose e rischiose per il lavoratore attività in genere non comportanti conseguenze negative, provocando la brusca rottura del preesistente, precario equilibrio organico, con conseguenze invalidanti …

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CORTE DI CASSAZIONE – Sezione Lavoro – sentenza n. 12326/2009
 

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CORTE DI CASSAZIONE – sezione Lavoro – sentenza n. 14918/2008
Comuni e nomina responsabile della sicurezza

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CORTE DI CASSAZIONE – Sezione lavoro – sentenza n. 18580/2007 
“... mobbing …Incombe sul lavoratore, che assume la non equivalenza delle mansioni affidategli con quelle da ultimo svolte, provare la non equivalenza e la correlata dequalificazione (Cass., 9 giugno 1997 n. 5162)…”

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CORTE DI CASSAZIONE – sezione lavoro – Sentenza n. 15973/07
 INFORTUNIO IN ITINERE – INDENNIZZABILITA’ – SOSTA VOLUTTUARIA

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CORTE DI CASSAZIONE – Sezione V Penale – Sentenza 33624/2007
“…  La condotta di mobbing suppone non tanto un singolo atto lesivo, ma una mirata reiterazione di una pluralità di atteggiamenti, anche se non singolarmente connotati da rilevanza penale, convergenti sia nell’esprimere l’ostilità del soggetto attivo verso la vittima sia nell’efficace capacità di mortificare ed isolare il dipendente nell’ambiente di lavoro ...”

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CORTE DI CASSAZIONE – sezione lavoro – Sentenza n. 2913/2005
“la malattia professionale silicosi non ha termine massimo di indennizzabilità”

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CORTE DI CASSAZIONE – Sezione Lavoro – sentenza n. 239/2003
 

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CORTE DI CASSAZIONE – Sezione Lavoro – Sentenza n. 15312/2001
 

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CORTE DI CASSAZIONE – sezione lavoro – Sentenza n.15068/2001
 INFORTUNIO IN ITINERE – MEZZO PROPRIO

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CORTE DI CASSAZIONE – Sezione Lavoro – Sentenza n. 7367/2001
 

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CORTE DI CASSAZIONE – Sezione Lavoro – Sentenza n. 2266/2001
 

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CORTE DI CASSAZIONE – Sezione Lavoro – sentenza n. 14085/2000
riconosciuto come “concausa dell’infarto”, che ha provocato il decesso del sindacalista, la condizione di intenso stress psico fisico derivante dall’attività lavorativa, cui l’interessato era stato sottoposto nei giorni immediatamente precedenti l’evento mortale.

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CORTE DI CASSAZIONE – Sezione Lavoro – sentenza n.13097/99
 INFORTUNIO “IN ITINERE” – MEZZO PUBBLICO – BUS

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CORTE COSTITUZIONALE – Sentenza n. 179/88

 

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